"Il dito magico". Il lunedì di Roald Dahl

Il lunedì di Roald Dahl a cura di Adolfina de Marco arriva come sempre puntualissimo ed oggi ci propone un testo su cui anche teste fiorite aveva lavorato: Il dito magico, Roald Dahl, ora edito da nord Sud. Lo proponiamo per questo doppiamente volentieri perché è molto interessante vedere come due cocchi e menti diverse lavorano sullo stesso testo! Qui trovate il "mio" Dito magico ed da qui ascoltate la voce di Adolfina...

Con questo romanzo vorrei ritagliare uno scampolo tematico tra i romanzi di Dahl il quale, oltre ad essere stato grande uomo di penna, di essere stato dalla parte dei bambini e dei ragazzi, è stato anche dalla parte degli animali, creature con le quali l’uomo si misura dimostrando la propria “statura”.

Il dito magico


I gesti hanno capacità calamitica. Lo sanno bene gli attori che in scena usano la gestualità caricandola di un potente flusso narrativo per coinvolgere il pubblico intrecciando gesti, sguardi e parole.  Anche nelle arti figurative non mancano esempi degni di essere citati.
Fra tutti i gesti, ce n'è uno che merita di essere considerato: è quello dell’indice puntato o indigitazione. Nessuno prima di Leonardo Da Vinci aveva conferito all’indigitazione un particolare prestigio caricandolo di un valore assoluto, divino.
Ce lo mostra nel San Giovanni e Michelangelo Buonarroti, un altro genio, nella Creazione di Adamo. Col passare dei secoli l’indigitazione ha perso il valore originario diventando semplice gesto di richiamo su se stessi o ammonizione o altro.




Roald Dahl doveva avere ben in mente il potere di un dito puntato al punto da trasferirlo ad una delle sue eroine nel breve romanzo Il dito magico: una bambina di otto anni - che non viene mai nominata - ma capace di indignarsi furiosamente di fronte alle ingiustizie e di puntare l’indice della mano destra facendo sprigionare un lampo… e di far cambiare le situazioni o le persone mettendole sull’orizzonte della “giustizia”. Perciò, quando i vicini di casa Paper rientrano con un cerbiatto, la bambina punta il dito magico su tutta la famiglia e il giorno dopo, tornati con un cospicuo bottino di caccia (ben 16 anatre selvatiche) ai signori Paper e i suoi due figlioli aspetta una sorpresa: il giorno dopo si svegliano con un paio di ali, due zampe e decisamente rimpiccioliti (Roald Dahl non dimentica di trasformare i personaggi dei suoi racconti quando sono agenti di ingiustizia). I signori Paper si trovano a dover fare i conti con la realtà che loro stessi hanno sottovalutato e sulla quale hanno infierito, dimostrando tutta l’aridità della loro esistenza. 
Messi alla porta della loro stessa casa dai genitori delle anatre uccise, si trovano nelle condizioni di costruirsi un nido per dormire e ripararsi, di cercare del cibo e di implorare la loro pietà quando le anatre imbracciano i fucili per sparare sui loro figli. 
Il finale è lieto, come sempre, ma lascia l’amaro in bocca nel lettore che viene sempre ricondotto ad un riflessione sulle abitudini umane, di un’umanità che solleva l’indice e decide le proprie sorti e quelle degli altri abitanti della Terra, cioè gli animali. 
In questo romanzo, uscito nel 1966, l’autore inverte le prove di forza tra cacciatori e prede lasciando a queste ultime la decisione di “puntare il dito”. 
Ancora una volta il gigante norvegese ci attende per un confronto, per una lettura pungente, per una impresa di crescita e di vita.

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