Un gioco da ragazzi. Il lunedì di Dahl

Oggi la rubrica del lunedì di Dahl è davvero speciale e, essendo il 25 aprile non poteva essere diversamente.
Grazie una volta di più ad Adolfina de Marco che ci racconta il Dahl resistente!


Un gioco da ragazzi è una frase che Dahl ha ripetuto più volte all’aviere che lo aiutò ad allacciarsi la cintura prima del decollo con il Gladiator, suo velivolo, che precipitò e prese fuoco durante una missione in Africa nel 1942. Un gioco da ragazzi è anche un volume nel quale sono raccolte sette storie e  tra queste Il mio primo racconto che la critica vuole si tratti del primo racconto dello scrittore norvegese. Per noi, oggi 25 aprile, quel racconto diventa memoria, dignità umana, diritto e libertà. Dahl  -lo racconta egli stesso nel suo libro autobiografico In solitario (che affronterò più avanti)- fu pilota della RAF durante la seconda Guerra Mondiale.

Il racconto contiene un pezzo di storia, un piccolo documento nel quale Dahl racconta dell’Asse che trionfava e dell’esercito italiano che si trovava alle porte di Mersah e che se la stava cavando abbastanza bene. Dahl racconta la missione in Egitto che ebbe esiti disastrosi per la sua salute con conseguenze che si protrassero per tutta la vita ma che con molta probabilità diedero una grande svolta alla sua vita e ora non avremmo quel patrimonio di racconti che ci ha lasciato.
Tornando al racconto, posso dire che oltre alla sua collocazione storica, è evidente un percorso intimo di memoria, una ricerca di se stesso “disperso”, dell’uomo che non sa capire l’entità di questo mostro chiamato “guerra”che affronta con leggerezza assieme ad altri avieri.
Un percorso lungo i corridoi della sua mente alle prese con la difficoltà di reagire nel pericolo e ancora, alla sua incapacità di risalire dall’inferno, come se vita e morte toccassero lo stesso orizzonte.

Niente frasi di rito, niente frasi patetiche, soltanto un documento di estrema attualità che scavalca le mura del passato e ci rimette davanti alle cronache non per guardare passivi, ma per ascoltare la voce di chi vuole “ritrovarsi”.

Un racconto autobiografico e trasversale sulla guerra che documenta l’intensità dell’orrore e della paura che fanno vacillare la nostra mente e disperdono tutta, ma proprio tutta la nostra identità.

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